Rocca Albornoziana
La Rocca Albornoz è un’imponente fortezza che sorge sul Colle Sant’Elia, in posizione strategica e dominante tutta la vallata spoletina. Edificata a partire dal 1359, fa parte di una serie di rocche volute da Papa Innocenzo VI per ristabilire l’autorità del Pontefice, che dimorava allora ad Avignone, nei territori dell’Italia centrale facenti parte dello Stato della Chiesa.
Per realizzare il suo progetto, il Papa inviò in Italia il potente Cardinale spagnolo Egidio Albornoz, dal quale il castello di Spoleto prende il nome, che affidò a Matteo di Giovannello da Gubbio detto “il Gattapone” la direzione dei lavori, protrattisi fino al 1370 circa. Lafortezza spoletina fu dunque perno del sistema difensivo posto a controllo della Flaminia e da cui partivano le azioni militari volte al recupero dei territori dell’Umbria, delle Marche e della Romagna.
Ponte delle Torri e Fortilizio dei Mulini
Il Ponte delle Torri, tra le più grandi costruzioni in muratura dell’età antica, alto ben 80 metri e lungo circa 230, aveva funzioni di acquedotto, portando in città l’acqua del monte tramite il canale posto sulla sua sommità. Un’altra sua funzione, che mantiene ancora oggi, era quella di collegamento tra il centro storico spoletino e il Monteluco, grazie alla presenza di un camminamento che corre lungo il versante nord.
Realizzato in calcare locale e sorretto da nove piloni collegati tra loro da arcate ogivali, il Ponte non è facilmente databile, ma il suo aspetto attuale viene solitamente collocato tra il XIII e il XIV secolo.
Casa Romana
In via Visiale, tra via del Municipio e via Saffi, sorge la Casa Romana, posta su un terrazzamento immediatamente superiore a quello del foro.
La prima campagna di scavi finalizzata al rinvenimento della domus venne effettuata dall’archeologo spoletino Giuseppe Sordini tra il 1885-86, grazie ai finanziamenti dell’ambasciatore inglese sir John Lumley-Savile; tuttavia a causa della mancanza di fondi, si dovette aspettare fino al 1912 per poter completare il recupero dei restanti ambienti. Durante lo scavo emerse un’iscrizione recante la dedica di una …Polla all’imperatore Caligola e ciò ha lasciato ipotizzare che la casa fosse appartenuta a Vespasia Polla, la madre di Vespasiano, nativa di Norcia e proprietaria di beni nel territorio nursino-spoletino. La domus è stata datata al I secolo d.C. e i suoi ambienti conservano ancora, oltre ai bellissimi mosaici pavimentali, lo schema tipico delle case patrizie in voga tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio di quella imperiale.
Sopra l’area della casa, si erge il Palazzo del Comune, tornato al suo originale splendore dopo gli impegnativi lavori di restauro eseguiti dopo il terremoto del 1997.
Duomo di Spoleto – Cattedrale di S. Maria Assunta
La cattedrale di Spoleto ha origini molto antiche: da un documento sappiamo che nel 956 esistevano già sia l’episcopio sia la chiesa di Santa Maria del Vescovato. Rinnovata nel corso del XII secolo, in seguito alla venuta di Federico Barbarossa, la cattedrale fu consacrata nel 1198 da papa Innocenzo III.
La facciata si presenta come il risultato di lavori avvenuti a più riprese; nel primo ordine il portale centrale e quelli laterali si trovano all’interno di un portico rinascimentale realizzato tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo da Ambrogio di Antonio Barocci e dalla sua bottega; ai lati due pulpiti si affacciano sulla piazza; sotto il portico tre portali introducono all’interno della cattedrale; quello centrale, detto Porta Paradisi, presenta sugli stipiti e sull’architrave una pregevole decorazione scultorea, rendendo il portale uno dei massimi esempi di classicismo in età romanica. Nel secondo ordine della facciata, sono presenti cinque rosoni, realizzati entro la fine del XII secolo; quello centrale, che misura circa quattro metri di diametro, è inserito in una cornice quadrata, dove sono scolpiti i simboli dei quattro evangelisti. Il terzo ordine della facciata, suddiviso dal secondo attraverso una cornice marcapiano e archetti pensili, è decorato da tre archi a sesto acuto. Nell’arco centrale troneggia il mosaico realizzato nel 1207 dal mosaicista Solsterno.
Teatro Romano
A destare sorpresa in me e, probabilmente in molti turisti in visita a Spoleto, è la presenza di un antico teatro romano dentro ad una cittadina così piccola.
La sua forma semicircolare ha un diametro di quasi 115 metri e risale al I secolo avanti Cristo. La sua storia è però un po’ travagliata, nonostante venga ancora utilizzato per alcuni spettacoli e rassegne teatrali. Venne infatti colpito da una frana che si scatenò a seguito di un terremoto che ne richiese un primo restauro.
Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti
Decisamente di fattura opposta è invece il Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti in via Vaita Sant’Andrea. Questo teatro permette l’accesso a circa 800 persone e ciò lo fa diventare il teatro all’italiana più capiente di tutta la regione Umbria.
Come suggerisce il nome si tratta di una struttura abbastanza recente, venne infatti aperto nel 1864 su pressioni della borghesia cittadina che riteneva il teatro Caio Melisso troppo piccolo per ospitare tutte le persone che avrebbero voluto assistere alle opere. Il Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti prese il posto di una vecchia chiesa e di un monastero, che vennero appositamente demoliti per lasciare spazio ai quattro ordini di palchi dell’edificio.
Dagli anni novanta e fino al 2007 il teatro è stato oggetto di importanti opere di ristrutturazione che ne hanno determinato anche la chiusura per alcuni periodi. Successivamente, nel 2010, il Teatro Nuovo è stato titolato a Gian Carlo Menotti, artista fondatore dell’importante festival dei due mondi che è ambientato proprio a Spoleto.
Il teatro si presenta con forme neoclassiche, la facciata chiara è anticipata da un porticato con tre archi frontali sui quali se ne sviluppano altrettanti sopra ad una piccola terrazza. Nelle colonne al pian terreno sono inserite quattro statue, mentre le nicchie presenti al primo piano sono attualmente vuote. Sul fianco sinistro del Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti è presente l’accesso alle scale mobili che collegano questo quartiere alle altre zone cittadine.
Chiesa di San Filippo Neri
Continuando a scendere lungo il centro storico di Spoleto arriviamo alla chiesa di San Filippo Neri, costruita intorno alla metà del XVII secolo. L’edificazione di questa chiesa si rese necessaria dopo la canonizzazione di San Filippo Neri, che aveva un grosso seguito in città. Gli viene prima dedicata una chiesa, quella di Santa Maria delle Grazie, poi una seconda, la chiesa di San Sabinuccio, ma entrambe si rivelano presto insufficienti come capienza e venne perciò costruita la nuova chiesa completamente dedicata al Santo.
Per fare spazio alla nuova chiesa e alla piazzetta antistante vennero abbattute abitazioni e occupati gli orti che prima sorgevano in questo luogo. Al suo interno venne conservato per svariati anni il corpo di Don Pietro Bonilli, fondatore delle suore della Sacra Famiglia di Spoleto, poi spostato in una chiesa del vicino comune di Trevi. Durante il terremoto del 1997 la chiesa di San Filippo Neri riportò gravi danni, tanto da dover rimanere chiusa per opere di consolidamento per ben 17 anni.
La facciata della chiesa di San Filippo Neri stupisce per maestosità e nonostante la sua costruzione sia avvenuta nel XVII secolo, si rifà allo stile del secolo precedente. Sulla facciata in travertino si aprono tre portoni: quello centrale di dimensioni sensibilmente più ampie e le due laterali invece più piccole. Questi ingressi fanno già capire che all’interno troveremo tre navate ad accoglierci. Il grande timpano posto a chiusura della facciata si ripete altre due volte in altrettante altezze: sopra all’ingresso principale e sopra la divisione orizzontale che caratterizza l’aspetto della chiesa di San Filippo Neri.
Internamente le tre navate sono percorse da quattro campate e un lungo transetto al centro del quale si innalza la grande cupola chiara che inonda di luce naturale gli interni della chiesa. Sulle navate laterali si affacciano otto cappelle decorate da stucchi, dipinti ed elementi in marmo.
Torre dell’Olio
Continuando a scendere rispetto al cuore del centro storico percorriamo dei bei vicoli a poca distanza dalle mura della città. Continuiamo a muoverci tra palazzi ed edifici storici in un centro davvero curato.
Percorrendo via Porta Fuga ci ritroviamo davanti alla Torre dell’Olio, inglobata in palazzo Vigili, ma comunque ben distinguibile. Questa è una delle torri più antiche di tutta la città di Spoleto, risale infatti al XII secolo, anche se venne rivista appena un secolo più tardi. Il suo primato assoluto, con i suoi 45 metri e mezzo di altezza, è quello di essere la torre più alta di tutta la città.
Il nome di Torre dell’Olio le fu attribuito durante il medioevo, riferendosi all’abitudine di versare olio bollente dalle torri per difendersi da eventuali attacchi o persone che tentavano di arrampicarsi. Più in particolare si crede che dalla vicina Porta Fuga (o quella presente all’epoca nella stessa posizione) venne lanciato olio bollente sui cartaginesi capitanati da Annibale che cercarono di entrare in città.
La Torre dell’Olio ha una pianta rettangolare che poggia su una base di 3,8 metri per 7 ed è inglobata nel palazzo Vigili per 27 metri, rimanendo libera per i successivi 19. Guardandola si può chiaramente notare il materiale di cui è composta che è un insieme di diversi elementi come sabbia di fiume, pietra calcarea, calce e malta.
Non è possibile visitare gli interni della torre dell’Olio, perché appartiene a privati che se ne dividono la proprietà.
Teatro Caio Melisso
Dalle scale che salgono oltre il duomo, guardandolo, notiamo sulla sinistra un edificio particolare. Si tratta del teatro Caio Melisso, il teatro più antico di tutta la città di Spoleto. La posizione di questo edificio è senz’altro molto privilegiata, perché a pochissimi passi dal Duomo e quando venne costruito lo si fece sulle fondamenta trecentesche del palazzo della Signoria che sarebbe dovuto sorgere qui, ma che non fu mai portato a compimento.
La costruzione dell’attuale edificio risale al cinquecento, anche se ancora oggi non è chiara la destinazione d’uso iniziale: solo a partire dal 1657 questo spazio venne dato in uso all’accademia degli ottusi che ne fece proprio un teatro. Appena dieci anni più tardi, visto il grande successo riscosso tra la cittadinanza, il comune delibera la costruzione di quattro ordini di spalti in legno che trasforma ufficialmente il Nobile Teatro nel teatro pubblico più antico d’Italia. Nei secoli successivi il teatro venne ulteriormente arricchito con gli elementi tipici di queste strutture, come il sipario e altri elementi decorativi.
Il successo di questo teatro è in forte crescita, fino a quando le sue dimensioni non cominciano a stare strette al pubblico spoletino che chiede a gran voce un teatro più grande e che tenta addirittura di incendiarlo per farne costruire uno nuovo. Nel 1864 viene inaugurato il teatro nuovo e il Nobile Teatro viene abbandonato per circa una decina d’anni, prima di essere ristrutturato. Le vecchie strutture in legno vengono demolite e sostituite da tre ordini di palchi. Anche la curvatura degli stessi verso il palco viene rivista per migliorare la visuale, così come vennero rifatte le decorazioni interne. Nel 1880 viene riconsegnato alla cittadinanza e diventa il teatro Caio Melisso, titolato allo spoletino scrittore, commediografo e bibliotecario di fiducia dell’imperatore Augusto.
Il teatro Caio Melisso è utilizzato tutt’ora, dopo svariate ristrutturazioni, come teatro cittadino affiancato al teatro nuovo.
Casa Menotti
Guardando frontalmente il duomo sul lato destro della piazza, vicino ai tavolini di un bar, si trova Casa Menotti. Questo palazzo storico deve il suo nome a Giancarlo Menotti, compositore italiano vissuto a cavallo tra il novecento e gli anni duemila, che abitò questa casa fino alla sua morte nel 2007 e che a Spoleto ideò e collaborò alla realizzazione del festival dei due mondi.
Nel 2010 il palazzo venne acquistato dalla Fondazione Monini per trasformarlo nella sede del Centro di documentazione del Festival dei Due Mondi, un museo di circa 160 metri quadri che raccoglie al suo interno la documentazione dei festival dal 1958 ad oggi.
Il palazzo di Casa Menotti venne costruito nel cinquecento e presenta uno stile estremamente semplice ed essenziale. Il pian terreno è attualmente occupato da un bar, mentre i piani superiori sono scanditi da finestre. La parte più articolata dell’edificio è il terzo piano, nel quale una finestra è affiancata ai tre archi che scandiscono lo spazio dedicato al terrazzo che si affaccia direttamente su di una delle piazze più belle